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Ucraina: nel Donbass è tregua dopo sei anni di dolore

Da alcune ore tacciono le armi nel Donbass, regione separatista dell’Ucraina a maggioranza russa, da sei anni teatro di una guerra a bassa intensità, ma che comunque ha provcato migliaia di morti. Ma alla tregua, raggiunta grazie all’accordo promosso dal Gruppo di Contatto e salutata ieri con favore dal Papa all’Angelus domenicale, devono ora seguire una serie di atti concreti , affinchè la pace sia consolidata e si trovino soluzioni sulla sovranità dei territori della regione

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Una svolta tanto attesa quella della tregua nella regione separatista ucraina del Donbass, raggiunta grazie all’intesa di Minsk del Gruppo di contatto, formato da Ucraina, Russia e l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Ieri all’Angelus Papa Francesco ha auspicato che alla tregua, facciano seguito atti concreti per la stabilizzazione del cessate il fuoco. Il Donbass, regione dell’Ucraina a maggioranza russa è, dopo la Crimea, ormai annessa alla Russia, la regione dove è esplosa l’istanza per sganciare questi territori da Kiev e creare un’indipendenza di fatto. La situazione attuale vede la presenza delle due autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk, le due principali città del Donbass. Questione da risolvere, insieme con quelle estremamente pratiche della demilitarizzazione della zona di confine e dello sminamento dei territori. “Solo così – ha detto il Santo Padre all’Angelus – si potrà ricostruire la fiducia e porre le premesse per una riconciliazione tanto necessaria e tanto attesa dalla popolazione”. Con l’accordo raggiunto a Minsk c’è l’impegno del ritiro degli armamenti dalla linea di contatto nell’Ucraina orientale; lo scambio dei prigionieri e l’attuazione di riforme costituzionali per lo statuto speciale delle autoproclamate repubbliche. 

Attenuare la crisi umanitaria nel Donbass

L’auspicio è che questa nuova tregua dall’inizio del conflitto possa durare, in modo da portare aiuti alla gente stremata da sei anni di conflitto. La crisi umanitaria, proprio a causa della lunga guerra, ha da tempo superato i livelli di guardia. E quindi urgente intervenire. Questo il pensiero di Andrji Waskowycz, presidente della Caritas Ucraina, intervistato per Radio Vaticana Italia – Vatican News da Stefano Leszczynski:Ascolta l’intervista ad Andrji Waskowycz

R. – Si tratta di un accordo molto importante per gli ucraini non solo quelli della regione del Donbass , ma per tutti i cittadini ucraini che vogliono la fine del conflitto. Il problema però è che abbiamo già avuto – nei sei anni di guerra – oltre 20 accordi di cessate il fuoco nell’area del Donbass e sono sempre stati infranti. Senza contare poi le enormi perdite che questa guerra ha causato in termini di vittime: abbiamo avuto finora 25 mila feriti, 13.200 morti; solo quest’anno abbiamo avuto 65 morti nella parte orientale dell’Ucraina. Quindi le persone hanno la speranza che qualcosa possa cambiare, ma sono anche piuttosto scettici sulla tenuta di questo cessate il fuoco.

Qual è la situazione umanitaria nell’area del Donbass?

R. – E’ una situazione molto difficile per chi vive nell’area. La crisi umanitaria in Ucraina si iscrive nel contesto della guerra in corso. Ci sono oltre 3 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria e ora questa situazione sta ulteriormente deteriorandosi a causa  dell’emergenza Covid-19.  Le persone soffrono ancora di più, perché gli approvvigionamenti di cibo sono diventati più complicati e difficili e le persone non hanno risorse per provvedere ai generi di prima necessità.

Quali gli spazi di intervento per Caritas Ucraina in questo contesto?

R. – Caritas Ucraina cerca di gestire tutte queste crisi ed è molto attiva nell’affrontare tutte e tre le crisi: la guerra, il Covid e le recenti inondazioni. Cerchiamo soprattutto di portare alle persone aiuti e assistenza e soprattutto speranza nelle aree di conflitto, dove le persone soffrono di più. Proviamo ad assistere tutte le persone che vivono sole in quest’area. E’ una situazione molto critica, perché tanti giovani hanno lasciato le aree pericolose delle zone di guerra e molti sono rimasti da soli e confidano nell’aiuto e nell’assistenza della Caritas.