Wcc e Creato: acqua, una risorsa e un diritto umano ma non per tutti
‘elemento naturale più importante per la sopravvivenza sulla terra è a rischio esaurimento e non è un diritto per tutti, addirittura è usato spesso come arma di guerra. Occorre difendere e gestire l’acqua con equità e le buone pratiche non mancano. Si parla di questo nella video-conferenza in Germania, oggi, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, sul tema “Dieci anni del diritto all’acqua: problemi, posizioni e prospettive”. Con noi la voce del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) tra i promotori dell’iniziativa
Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Primo settembre inizio del Tempo del Creato e 15.ma Giornata in Italia per la Custodia del Creato, occasione per soffermarsi a riflettere su uno dei beni più preziosi della terra: l’acqua.
Per questo motivo e nell’ambito di un’azione lanciata nel 2019 per “un’economia della vita e la giustizia ecologica”, il Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) in collaborazione con Misereor, l’agenzia per lo sviluppo cooperativo della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), organizza per oggi in Germania, una video-conferenza sul tema “Dieci anni del diritto all’acqua: problemi, posizioni e prospettive”. Era infatti il 2010 quando l’Onu riconosceva l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici, come un diritto umano fondamentale, inserendolo nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948.LEGGI ANCHE31/08/2020
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Diritto ma non per tutti
L’appuntamento di oggi in Germania, vuole dunque generare un confronto proprio sulla situazione dell’acqua oggi, e in particolare su quella potabile, diritto sì ma negato a tre persone su dieci nel mondo, come sta emergendo in modo drammatico con la pandemia del Covid-19. Acqua anche come “arma” di guerra per assetare e sottomettere le popolazioni, come accade in Siria e in Iraq per esempio, e acqua come fonte crescente di conflitti, come sta mostrando la recente disputa per le acque del Nilo con la costruzione da parte dell’Etiopia, della “Grand Ethiopian Renaissance Dam” che muove le preoccupazione e la tensione con i vicini Sudan ed Egitto.LEGGI ANCHE15/08/2020
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Acqua bene comune
Questo simbolo di vita dunque, come dice la Bibbia, “espressione della grazia di Dio in perpetuo per tutta la creazione ( Gen 2 ,5ss)”, questa condizione fondamentale per tutta la vita sulla terra va protetta e condivisa in modo più equo a beneficio di tutte le creature. Come e dove è possibile? E poi quale il ruolo delle Chiese in questo impegno?
A parlarne a Vatican News è fratel Guido Dotti del Monastero di Bose, membro cattolico del pellegrinaggio Giustizia e Pace del Consiglio mondiale delle Chiese:Ascolta l’intervista a fratel Guido Dotti
R. – L’acqua è un diritto umano che è stato riconosciuto come tale, ma un conto è che ciò che è stato riconosciuto e un conto è che sia stato rispettato. Attualmente in moltissime parti del mondo non è rispettato e ultimamente abbiamo anche avuto dei casi abbastanza eclatanti in cui, addirittura, l’accesso all’acqua o il negare l’accesso all’acqua è diventato anche uno strumento, un’arma impropria.
Si può parlare di una crisi idrica dal vostro punto di vista, nel senso che le carenze non sono solo nei paesi poveri. C’è una difficoltà proprio dal punto di vista ambientale?
R. – Indubbiamente, la crisi dell’acqua potabile è la punta dell’iceberg, legato all’acqua in genere. Da un lato ci sono nei paesi avanzati continui tentativi, in alcuni casi anche riusciti, di privatizzazione progressiva dell’utilizzo dell’acqua potabile. Dall’altra parte ci sono le tante conseguenze dei cambiamenti climatici che affliggono l’acqua in genere e di conseguenza, anche l’acqua potabile. Si va dall’estendersi della siccità, alla frequenza sempre maggiore dei fenomeni atmosferici, all’innalzamento dei livelli degli oceani. Basta solo fare una panoramica globale e si vede come la crisi, le difficoltà, legate all’acqua, siano universali.
Possiamo dire che il Covid-19 ha peggiorato ancora di più questa situazione?
R. – Certo, perché uno degli strumenti di prevenzione è la possibilità di accedere all’acqua, se non potabile, perlomeno sana, non stagnante e non inquinata. Si tratta del minimo livello di sanità, di pulizia e di accesso a strumenti che sono preventivi rispetto alla diffusione del contagio. E questo ha fatto emergenze carenze in situazioni che già erano estremamente critiche.LEGGI ANCHE18/05/2020
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Voi della WCC parlate di “eco giustizia”. Cosa significa? Proteggere l’acqua e garantirne una distribuzione che sia giusta, visto che è una risorsa assolutamente vitale?
R. – Sì, implica il fatto che l’acqua come tale, non appartiene a nessuno in particolare, ed è al contempo responsabilità di tutti. Quindi non solo proprietà comune, bene comune, bene pubblico, ma anche bene di cui tutti sono responsabili. E quindi questo chiama in causa una giustizia che vada al di là di singole leggi nazionali o sovranazionali.
Quando si parla di questi temi ci si chiede se sia necessario un ripensamento del modo in cui anche le comunità cristiane guardano a queste fonti di approvvigionamento. Cioè, la sostenibilità ambientale è un impegno da assumersi anche come comunità cristiana?
R. – Mi sembra evidente – non fosse altro che per noi cattolici, ma non solo – la presa sul serio della enciclica Laudato si’, è un appello che ci rimanda all’impatto che la buona notizia, il Vangelo, ha sulle nostre vite e ingloba anche il creato, ingloba la creazione intera. Questo non riguarda solo noi cattolici, anzi è uno dei messaggi maggiormente percepiti a livello universale, da parte appunto delle altre Chiese cristiane, ma anche di persone di altre o di nessuna fede religiosa.LEGGI ANCHE12/05/2020
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Questo vostro incontro coincide con l’inizio del mese per il Creato: un Tempo, fino al 4 ottobre, di preghiera, ma anche di azione. Come viverlo e con quali impegni da parte vostra?
R. – Credo che sia importante l’interazione fra le singole azioni a livello locale in dialogo con la società civile, e una visione globale. Anche l’intenzione di estendere il Tempo del Creato dal 1 settembre – giorno adottato per primo dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, come apertura dell’anno liturgico – fino al 4 ottobre, simbolicamente festa cattolica di San Francesco d’Assisi, serve a rendere possibile una maggiore diffusione di tutte le iniziative locali, iniziative sia di sensibilizzazione della popolazione sia di impegno pratico, politico, di uso o di cessato abuso di beni naturali, a partire dall’acqua.
Ci sono buone pratiche che possono fare da traino ed essere condivise, e che quindi hanno portato già dei risultati a livello internazionale?
R. – Sì, ci sono tante buone pratiche. A livello internazionale, per esempio, si è creata una rete delle “Comunità blu”, che si impegnano – a partire dal riconoscimento dell’acqua come un diritto umano – a fare ricorso, ovunque sia possibile, all’acqua potabile pubblica, evitando le bottiglie di plastica. La serie di buone pratiche è comunque quella che non isola solo il problema dell’acqua, ma lo coglie nell’intero rapporto con le risorse naturali: dalla pratica dei rifornimenti a km 0, al favorire gli scambi a livello locale, all’evitare mezzi di trasporto troppo inquinanti. Sono pratiche insomma, cui ci stiamo abituando e in cui, credo, le comunità cristane a partire dai livelli basilari, possono muovere cambiamenti anche in una dimensione politica più ampia.
Altro aspetto problematico della questione acqua è l’essere all’origine di diversi conflitti – pensiamo alla disputa di questi giorni intorno alla grande diga sul Nilo – e l’essere usata spesso come “arma” di guerra? Cosa si può fare?
R. – Chiaramente non si dovrebbe utilizzare l’acqua come arma di guerra e, riguardo la tensione sul Nilo, servirebbe avviare e sostenere colloqui – appunto a livello degli Stati e delle aree coinvolte – che rendano possibile una gestione comune. Invece quando l’acqua o la sua privazione, sono usate come arma per stroncare e sfibrare le popolazioni, lì si riesce solo a fare appelli e condanne esplicite come quelle avanzate dalla Chiesa Siro ortodossa di Antiochia a proposito della privazione dell’acqua per oltre 10 giorni, nelle città del nord-est della Siria. Lì in quel caso, si è appellato alle Nazioni Unite e all’Unione Europea, perché venga condannata questa pratica messa in atto contro la popolazione civile. Dobbiamo sapere che è per lo meno dalla Seconda Guerra Mondiale che le prime vittime di ogni tipo di guerra e di ogni tipo di arma, sono le popolazioni civili.
Torniamo al vostro incontro: quale il vostro augurio, la prospettiva, che si apre oggi per il Tempo del Creato?
R. – L’augurio più grande e la prospettiva cui tutte queste iniziative tendono, è quello della consapevolezza. Essere coscienti e consapevoli delle problematiche vitali legate al rispetto dell’azione e all’uso dei beni comuni come l’acqua, è il primo passo indispensabile. Se non si sa a che cosa sta andando incontro l’umanità con il mancato rispetto della creazione è difficile che anche le singole iniziative possano avere un impatto che vada al di là della commemorazione di una giornata. E forse anche in questo, il fatto che sia un’intera stagione dedicata al Creato, aiuta a non legarlo a una delle tante giornate mondiali per qualche cosa ma ad assumerlo come un impegno prioritario. Credo che il benessere, la salute la pace dell’umanità siano intrinsecamente legati al benessere allo star bene della Creazione intera.